Una delle grandi conseguenze del covid è stato il lockdown e il distanziamento. Un distanziamento non solo fisico, ma anche emotivo, umano. Ci ha fatto sentire la mancanza di sorrisi, persone e forse addirittura di situazioni normalmente considerate spiacevoli come le code nei negozi o sulle strade. E’ però servito per farci apprezzare ancora di più piccoli gesti di umanità, come quella coppia che con un bastone, da una finestra all’altra, ha passato una corona di alloro alla giovane vicina di casa che si era laureata, da sola, chiusa nel suo appartamento.
O la wedding planner egiziana che si è simbolicamente sposata sul suo balcone invitando tutti i vicini a partecipare di quel momento con auguri e canti. Piccoli gesti che ci hanno fatto vedere le persone sotto una nuova luce.

Questo stesso desiderio è alla base del progetto “Biblioteca umana”. Un desiderio di riscoprire la nostra umanità, di andare al di là di etichette, pregiudizi e paure inconsce e spesso immotivate. Un progetto stimolante e innovativo che nasce già nel 2000 a Copenaghen in Danimarca, grazie a Ronni Abergel. Una biblioteca dove invece di libri puoi prendere “in prestito” persone e ascoltare la storia della loro vita.
– Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire – da Memorie di Adriano di Yourcenar

CHI PUO’ ESSERE UN LIBRO VIVENTE?
A seconda del luogo in cui si vive potenzialmente chiunque. Una persona considerata “normale” in un Paese, può infatti rappresentare una minoranza in un altro. I libri umani sono persone consce di essere classificate sulla base di stereotipi. Si rendono disponibili a raccontare le proprie esperienze e i propri valori a chiunque voglia ascoltarli per riuscire a insegnare ad andare oltre ai pregiudizi.


COME FUNZIONA LA BIBLIOTECA VIVENTE
Come una vera biblioteca ci sono libri, lettori, ci sono i bibliotecari (lo staff di supporto per l’evento) e c’è un catalogo da sfogliare per scegliere cosa leggere. Ogni persona che partecipa come libro, viene presentata con un “titolo”, volutamente molto diretto, che rappresenta un’etichetta sociale come “tossicodipendente”, “gay” o “rifugiato”. Coloro che decidono di prendere in prestito un libro dalla biblioteca umana sono chiamati lettori.
Il titolo mira a suscitare una reazione emotiva nei lettori affinché ne siano incuriositi e vogliano confrontarsi con uno o più stereotipi.

Poter parlare con queste persone, con cui normalmente difficilmente si entra in contatto, aiuta a capire quanto i pregiudizi siano stupidi e senza fondamento. Parlare, confrontarsi e fare domande che abbiamo sempre avuto dentro, aiuta a rendere concreta la persona che abbiamo davanti facendola percepire come essere umano e non come un generico appartenente a una categoria.
La Biblioteca Umana si prefigge lo scopo di rompere gli stereotipi, promuovendo il dialogo e la comprensione tra persone con background culturali, religioni, etnia e stili di vita anche molto diversi.

FEEDBACK SULL’ESPERIENZA
I libri e i lettori intervistati nelle varie manifestazioni, hanno dichiarato che è un’esperienza dal grande impatto che li ha notevolmente arricchiti come persone. L’iniziativa ha avuto cosí tanto successo che si é diffusa in oltre 50 paesi in tutto il mondo.

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